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PASSATO

Il Distributorio, in Via Netro 5 a Torino, fa parte della parrocchia della chiesa di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, costruita nel 1898: ha festeggiato, nel 1998, 100 anni di vita. Inizialmente, l’opera, cominciata il 15 febbraio 1946, viene affidata alla Conferenza di San Vincenzo della parrocchia stessa, attraverso un comitato presieduto dal giovane confratello, ingegner Albonico. Nei locali dell’oratorio femminile, messo a disposizione dalla signorina Caneparo, con la collaborazione delle Suore Missionarie della Consolata, vengono messe a disposizione dei poveri della parrocchia le prime minestre. Alla luce del successo dell’iniziativa, i fratelli Maccagno, in accordo con il parroco Don Cavallo, si incaricano dell’edificazione di un apposito fabbricato. La data di completamento della struttura, il 24 luglio 1947, diventa la data ufficiale di fondazione. Due anni più tardi, si svolge un lavoro di ampliamento, fino alle attuali dimensioni. Nel 1950, viene avviato un interessante esperimento, su iniziativa del Presidente della Conferenza maschile, Cavalier Carlo Pecchio. Molte panetterie della zona vengono invitate a collocare, nei loro negozi, una cesta, nella quale i clienti possano deporre una pagnotta per i poveri. La generosità della gente è tale, che si arriva ad affiancare il pane alle minestre, per un totale di 150 razioni quotidiane. Nel 1960, si interrrompe il contributo della Consolata, ma un gruppo di volontari, fra i quali lo stesso Pecchio, Manassero, Oletta, e la signorina Benini, garantiscono lo sviluppo dell’area. Le spese crescenti vengono affrontate dagli eredi della famiglia Maccagno, dalle sovvenzioni del Comune di Torino, e da altri enti di pubblica beneficienza. Nel 1964, il parroco Don Delaude prende particolarmente a cuore le sorti del Distributorio, e ottiene dalle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli l’assegnazione di Suor Paola, che diventa, in breve tempo, l’autentica animatrice dell’opera. L’attività viene radicalmente rinnovata, e grazie alla collaborazione di un numero crescente di volontari, molti giovani, trascinati dal suo carisma, si arriva a servire gli assistiti a tavola. L’impronta lasciata dalla Suora è tale, che l’opera viene ribattezzata la “Mensa di Suor Paola”, raggiungendo livelli organizzativi e qualitativi impensabili, fino a quell’epoca.

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